Di solito era di sabato.
Appena finito di mangiare,quando noi donne eravamo ancora dietro a fare i piatti…arrivava lei.
Dlin Dlon.
Dliiiin Dloooon.
Non potevi sbagliare,era la “sua” scampanellata.
La riconoscevi proprio dal modo di suonare il campanello di casa.
Inconfondibile.
Ricordo che a volte la nonna sbuffava,andava ad aprire la porta e la zia con tutta la sua gioviale irruenza entrava in casa.
Sono sempre state molto diverse la zia Liliana e la nonna.
Non erano sorelle bensì cugine ma per noi lei è sempre stata la zia Lilly.
Mia nonna è sempre stata molto introversa e seria,dice di ricordare una volta sola in cui ha veramente riso di gusto.
La zia Lilly invece era…la zia Lilly.
Sempre sorridente,gli occhi azzurri che brillavano ogni volta che raccontava una barzelletta un pò sconcia.
Raccontava sempre di quando era ragazza,faceva la camiciaia al Grand Hotel e ne aveva viste di tutti i colori.
Spesso e volentieri le mie giovani orecchie hanno ascoltato aneddoti non proprio adatti per la mia età…
Ma la zia era così,un pò osé direbbe mia nonna.
Quando ero poco più che una bambina aspettavo trepidante il sabato dopo pranzo e le due scampanellate di rito.
Noi donne in cucina,la mamma preparava il caffè e la nonna toglieva dalla dispensa i biscotti buoni.
La zia nel frattempo non aveva smesso un attimo di parlare e solo il sibilo insistente della caffettiera poneva fine per qualche secondo al suo ciarlare.
Ci aspettava un pomeriggio al calduccio in casa.
Allora ci si spostava in sala,sempre con la zia in sottofondo che parlava di qualunque cosa.
Del tempo,delle calze di nylon,del figlio,dei mandarini acerbi,della posizione del missionario…il tutto nella stessa frase e senza mai fare una pausa.
A volte incontravo lo sguardo di mia nonna e lei alzava gli occhi al cielo e allora la rimbrottava un attimo e gli diceva di prendere fiato e bere il caffè in pace.
A me toccava una tazzina di acqua zuccherata sporcata con un cucchiaino di caffè e i biscotti.
Niente caffè vero per una bambina,figuriamoci un digestivo.
Finito di bere il caffè,la nonna apriva il mobiletto bar e chiedeva alla zia :
“Cosa ti servo cara Lilly?
Un vermouthino?
Un grappino?“
E si facevano un goccetto di sabato pomeriggio.
Per digerire,dicevano.
In verità,ho sempre pensato che lo facessero per “digerirsi” meglio.
Per quel che mi riguarda,ho un bellissimo ricordo di quei sabato pomeriggio.
A volte la nonna e la mamma si mettevano a cucire qualche vestito e la zia supervisionava.
Altre volte la zia aiutava la nonna a smacchiare qualche tovaglia,era un portento. Non c’era macchia che le resistesse.
C’erano anche le volte in cui la zia appena arrivava,apriva la borsa e tirava fuori furtivamente quei libriccini rosa che a me erano vietati.
“Sei troppo piccola” mi diceva mia madre e ricordo mia zia che rideva e partiva con qualche sfrombolone dei suoi.
Era imbattibile.
Sapeva tante di quelle cose…
Alcune mi fanno rizzare ancora i capelli se ci penso.
Io devo a lei una buona parte di quello che so sulla vita.
Era di una sincerità disarmante.
E non aveva peli sulla lingua.
Spandeva il suo sapere e i suoi consigli con tanta energia.
Era generosa e aveva un sense of humor tutto suo.
A volte forse era troppo esuberante eppure era il suo bello.
Forse se dovessi scegliere un unico aggettivo che la descriva,direi irriverente.
Non volermene zia,non lo dico in senso di spregio.
Ma anzi,in senso di stima.
Ci vorrebbero più persone così,come eri tu.
Tu prendevi la vita,con il bello e il brutto che ti offriva,e ci andavi a braccetto.
E io ho sempre ammirato la leggiadria con cui hai vissuto.
Anche negli ultimi anni,quando ormai la memoria non era più quella di una volta e a stento ti ricordavi la strada per tornare a casa. Gli aneddoti erano diventati sempre gli stessi,quei pochi che ricordavi ancora e che non ti stancavi mai di raccontare. Però non eri più tu.
Non so bene quando l’ho capito,ad un certo punto i discorsi non filavano più e i tuoi occhi azzurri non erano più brillanti.
Eppure ridevi quando ti facevo notare che in un pomeriggio mi avevi ri-salutato dieci volte o che erano giorni che rileggevi lo stesso libro.
Non invecchiare mai,mi dicevi.
Ricordo come ieri quando la nonna mi ha telefonato quel giorno e mi ha detto che non c’eri più.
E’ stato un tuffo al cuore,all’improvviso tutti i sabati pomeriggio che avevamo passato insieme scivolavano via.
Tutti i suoi racconti,le sue avventure,le barzellette osé se ne andavano via con lei.
Nessuno ha mai saputo raccontarli così bene.
Con quel pizzico di malizia che la contraddistingueva.
Gli occhi azzurri che brillavano e il naso che le si arricciava.
Accavallava le lunghe gambe,sfoderava il suo sorriso migliore e cominciava a raccontare…
VELLUTATA DI ZUCCA E PATATE VIOLA
ingredienti : per 4 persone
600 gr di zucca al netto
3 patate viola di media grandezza
1 cipolla
1 costa di sedano
1 carota
700 ml di brodo vegetale
100 ml di panna da cucina
100 gr di gorgonzola
timo fresco
olio evo
sale
pepe
Lavate e mondate le verdure.
Tritate finemente gli aromi e la cipolla e in cubotti più consistenti le patate e la zucca.
In una capiente casseruola fate scaldare 4 cucchiai di olio e mettete a soffriggere gli odori.
Quando la cipolla sarà dorata aggiungete le altre verdure,qualche fogliolina di timo e salate.
Coprite con un coperchio e fate cuocere per 8/10 minuti.
A questo punto unite il brodo e riportate a bollore.
Abbassate la fiamma e lasciate cuocere coperto fino a che le patate e la zucca diventeranno tenere.
Calcolate 15 minuti e poi provate con i rebbi di una forchetta ad infilzare un pezzetto di patata.
Se è tenera spegnete la fiamma altrimenti procedete per qualche minuto ancora.
Una volta pronto,prendete un frullatore ad immersione e riducete in purea le vostre verdure.
Aggiungete la panna e frullate fino ad amalgamarla perfettamente.
Tagliate il gorgonzola a cubetti e tuffateli nella vellutata.
Decorate con un rametto di timo fresco,irrorate con un filo di olio a crudo e spolverizzate con il pepe.
Servite caldo e buon appetito.