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Zuppe

Comfort Food, Zuppe

DOMANI SMETTO

14 Aprile 2015

Me lo ripeto tutti i giorni. 
Questa è l’ultima volta che vado ad un mercatino.
Ma poi non resisto ed eccomi rientrare a casa con l’ultimo acquisto.
Come si fa a gettar via oggetti così belli mi chiedo ogni volta.
E così faccio mie ogni sorta di suppellettili vintage su cui riesco a metter mano.
E non solo nei negozi.
Succede anche a casa dei parenti o degli amici…
Come quella volta,a casa di un amico per un caffè.
Lui apre il mobiletto dove tiene lo zucchero e i miei occhi lunghi si posano su un piccolo coperchietto in alluminio con il manico dorato.
O la volta in cui ho messo gli occhi sul tavolaccio da lavoro di mio suocero…ecco lì ho fallito.
Non sono ancora riuscita ad accaparrarmelo ma prima o poi ci riuscirò.
Mia nonna oramai ci ha fatto l’abitudine a vedermi comparire negli orari più improbabili per frugare un pò tra il vecchiume di casa.
Per loro è solo ciarpame.
Per me e tanti altri appassionati di vintage,è come trovare l’oro.
Vaglielo a spiegare che l’asse di legno tutta scrostata e mezza rotta per te è necessaria se non addirittura indispensabile a chi la sta cestinando.
Ti guarda come un alieno.
Eppure ci sono tante cose meravigliose che ogni giorno finiscono nei rifiuti o dai rigattieri.
Vuoi per i gusti delle persone che cambiano,vuoi per la vita frenetica che non permette di avere il tempo di aggiustare le cose rotte,vuoi per il fatto che oramai la vita è diventata social e si ha poco tempo per le cose manuali…
Comunque o io sono malata,e c’è una seria probabilità,oppure molte persone non sanno di possedere veri e propri tesori in casa.
C’è anche da dire che non tutti desiderano avere un’intera collezione di posate vintage spaiate.
Veramente? Io le trovo meravigliose.
Vedete? Non abbiamo mica tutti gli stessi parametri…
Forse più che parametri qui potremmo parlare di una sorta di malattia.
Per il vintage o meglio per l’usato.
Io adoro dare nuova vita alle cose.
Trovare il piatto perfetto in mezzo a mille altri.
Liberarlo dalla polvere e dalla patina di vecchio che il tempo ha lasciato sulla superficie.
Non ne fanno più di così belli e mi chiedo come ce ne si possa liberare.
Questo è l’ultimo,prometto.
Ma so già che non è così.
Presto la mia sete di vecchie storie tornerà a farsi sentire e io tornerò a cercare la forchetta perfetta o un tovagliolo bianco e candido ma consunto dal tempo.
Li rigirerò tra le mani e mi farò un sacco di domande su di loro.
Su chi li ha posseduti e li ha utilizzati prima di me.
Perché è questo il bello delle cose vecchie.
La storia che si portano dietro.
Anche se non la conosciamo ci viene raccontata guardando attentamente ogni piccola crepa o smussatura.
E per quelle che non ci raccontano possiamo sempre lavorare di immaginazione.

 

BORSCH


BORSCH DI VERDURE del solito biondino Jamie

 

ingredienti per 4 persone :

400 gr di pelati
2 barbabietole rosse
2 carote
2 gambi di sedano
1/2 cavolo rosso
1/2 litro di brodo,per me di verdure
1 spicchio d’aglio
1 cipolla
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
1 cucchiaino di zucchero
panna acida 
olio evo

Preparate le verdure : pelate la cipolla e affettatela in fette sottili. Mettete da parte e pelate le carote,riducetele in quadrettini e continuate mondando il sedano e tritandolo.
Schiacciate lo spicchio di aglio e privatelo della pellicina.
Ora pelate e tagliate a listarelle anche le barbabietole rosse.
Adoro il colore così intenso di questo ortaggio però macchia indelebilmente le mani. Io uso dei guanti in lattice per non tingerle di rosso. Fatelo anche voi se non volete avere le mani di una che si è appena applicata l’henné senza guanti.
Anche il cavolo rosso macchia ma un pò meno,voi tagliate a listarelle sottili pure quello.
Una volta lavorate tutte le verdure mettete una capiente casseruola sul fuoco e irrorate con un filo di olio.
Aggiungete la cipolla,l’aglio,le carote e il sedano.
Fate cuocere dolcemente per qualche minuto e unite le barbabietole e i pelati. Salate e con l’aiuto di un cucchiaio di legno riducete in poltiglia i pomodori. Unite il concentrato di pomodoro e lo zucchero. Coprite con il brodo e mescolate bene.
Portate a ebollizione.
Fate cuocere per 10 minuti e aggiungete il cavolo rosso.
Ora proseguite la cottura per altri 45 minuti fino a che le barbabietole saranno molto tenere.
Togliete lo spicchio di aglio e servite caldo con un cucchiaio di panna acida.

 

 

BORSCH3

Comfort Food, PRIMI PIATTI, Zuppe

LA FOGHERACCIA

18 Marzo 2015
 
L’aria è greve di fumo.
Nel crepuscolo i falò già accesi illuminano le campagne attorno casa mia.
La mia memoria olfattiva funziona meglio di quella normale e l’odore di legna bruciata mi ricorda che oggi è il diciotto marzo.
San Giuseppe.
Il giorno prima della festa del papà.
Tre giorni prima di primavera,che poi è anche il giorno in cui ci ha lasciato il mio amato nonno.
Oggi è il giorno della fogheraccia.
Non so come funzioni a casa vostra,ma se sei riminese,non puoi dimenticartene.
Intanto,ci pensa la catasta di legna in spiaggia a ricordartelo ogni volta che passi di là.
Nel giro di qualche settimana diventa sempre più grande.
Cassette della legna,vecchie porte e rami rinsecchiti portati a riva dal mare vengono accumulati fino al 18,giorno in cui si erge in tutta la sua magnificenza per poi essere miseramente bruciata.
Se sei riminese non puoi non amare il giorno della fogheraccia.
Speri sempre che non piova e che non ci sia troppo vento.
E’ importante che la pira prenda fuoco bene,è un rito propiziatorio mica da ridere.
Segnala un nuovo inizio,un pò come a capodanno,quando si gettano i vecchi oggetti.
A me il diciotto mette un sacco di ricordi.
 

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Comfort Food, PRIMI PIATTI, Zuppe

LA ZIA LILLY SUONA SEMPRE DUE VOLTE

11 Dicembre 2014

Di solito era di sabato.

Appena finito di mangiare,quando noi donne eravamo ancora dietro a fare i piatti…arrivava lei.
Dlin Dlon.
Dliiiin Dloooon.
Non potevi sbagliare,era la “sua” scampanellata.
La riconoscevi proprio dal modo di suonare il campanello di casa.
Inconfondibile.
Ricordo che a volte la nonna sbuffava,andava ad aprire la porta e la zia con tutta la sua gioviale irruenza entrava in casa.
Sono sempre state molto diverse la zia Liliana e la nonna.
Non erano sorelle bensì cugine ma per noi lei è sempre stata la zia Lilly.
Mia nonna è sempre stata molto introversa e seria,dice di ricordare una volta sola in cui ha veramente riso di gusto.
La zia Lilly invece era…la zia Lilly.
Sempre sorridente,gli occhi azzurri che brillavano ogni volta che raccontava una barzelletta un pò sconcia.
Raccontava sempre di quando era ragazza,faceva la camiciaia al Grand Hotel e ne aveva viste di tutti i colori.
Spesso e volentieri le mie giovani orecchie hanno ascoltato aneddoti non proprio adatti per la mia età…
Ma la zia era così,un pò osé direbbe mia nonna.
Quando ero poco più che una bambina aspettavo trepidante il sabato dopo pranzo e le due scampanellate di rito.
Noi donne in cucina,la mamma preparava il caffè e la nonna toglieva dalla dispensa i biscotti buoni.
La zia nel frattempo non aveva smesso un attimo di parlare e solo il sibilo insistente della caffettiera poneva fine per qualche secondo al suo ciarlare.
Ci aspettava un pomeriggio al calduccio in casa.
Allora ci si spostava in sala,sempre con la zia in sottofondo che parlava di qualunque cosa.
Del tempo,delle calze di nylon,del figlio,dei mandarini acerbi,della posizione del missionario…il tutto nella stessa frase e senza mai fare una pausa.
A volte incontravo lo sguardo di mia nonna e lei alzava gli occhi al cielo e allora la rimbrottava un attimo e gli diceva di prendere fiato e bere il caffè in pace.
A me toccava una tazzina di acqua zuccherata sporcata con un cucchiaino di caffè e i biscotti.
Niente caffè vero per una bambina,figuriamoci un digestivo.
Finito di bere il caffè,la nonna apriva il mobiletto bar e chiedeva alla zia :
“Cosa ti servo cara Lilly?
Un vermouthino?
Un grappino?
E si facevano un goccetto di sabato pomeriggio.
Per digerire,dicevano.
In verità,ho sempre pensato che lo facessero per “digerirsi” meglio.
Per quel che mi riguarda,ho un bellissimo ricordo di quei sabato pomeriggio.
A volte la nonna e la mamma si mettevano a cucire qualche vestito e la zia supervisionava.
Altre volte la zia aiutava la nonna a smacchiare qualche tovaglia,era un portento. Non c’era macchia che le resistesse.
C’erano anche le volte in cui la zia appena arrivava,apriva la borsa e tirava fuori furtivamente quei libriccini rosa che a me erano vietati.
“Sei troppo piccola” mi diceva mia madre e ricordo mia zia che rideva e partiva con qualche sfrombolone dei suoi.
Era imbattibile.
Sapeva tante di quelle cose…
Alcune mi fanno rizzare ancora i capelli se ci penso.
Io devo a lei una buona parte di quello che so sulla vita.
Era di una sincerità disarmante.
E non aveva peli sulla lingua.
Spandeva il suo sapere e i suoi consigli con tanta energia.
Era generosa e aveva un sense of humor tutto suo.
A volte forse era troppo esuberante eppure era il suo bello.
Forse se dovessi scegliere un unico aggettivo che la descriva,direi irriverente.
Non volermene zia,non lo dico in senso di spregio.
Ma anzi,in senso di stima.
Ci vorrebbero più persone così,come eri tu.
Tu prendevi la vita,con il bello e il brutto che ti offriva,e ci andavi a braccetto.
E io ho sempre ammirato la leggiadria con cui hai vissuto.
Anche negli ultimi anni,quando ormai la memoria non era più quella di una volta e a stento ti ricordavi la strada per tornare a casa. Gli aneddoti erano diventati sempre gli stessi,quei pochi che ricordavi ancora e che non ti stancavi mai di raccontare. Però non eri più tu.
Non so bene quando l’ho capito,ad un certo punto i discorsi non filavano più e i tuoi occhi azzurri non erano più brillanti.
Eppure ridevi quando ti facevo notare che in un pomeriggio mi avevi ri-salutato dieci volte o che erano giorni che rileggevi lo stesso libro.
Non invecchiare mai,mi dicevi.
Ricordo come ieri quando la nonna mi ha telefonato quel giorno e mi ha detto che non c’eri più.
E’ stato un tuffo al cuore,all’improvviso tutti i sabati pomeriggio che avevamo passato insieme scivolavano via.
Tutti i suoi racconti,le sue avventure,le barzellette osé se ne andavano via con lei.
Nessuno ha mai saputo raccontarli così bene.
Con quel pizzico di malizia che la contraddistingueva.
Gli occhi azzurri che brillavano e il naso che le si arricciava.
Accavallava le lunghe gambe,sfoderava il suo sorriso migliore e cominciava a raccontare…
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

VELLUTATA DI ZUCCA E PATATE VIOLA

 

ingredienti : per 4 persone

600 gr di zucca al netto
3 patate viola di media grandezza
1 cipolla 
1 costa di sedano
1 carota
700 ml di brodo vegetale
100 ml di panna da cucina
100 gr di gorgonzola
timo fresco
olio evo
sale 
pepe
 
 
Lavate e mondate le verdure.
Tritate finemente gli aromi e la cipolla e in cubotti più consistenti le patate e  la zucca.
In una capiente casseruola fate scaldare 4 cucchiai di olio e mettete a soffriggere gli odori.
Quando la cipolla sarà dorata aggiungete le altre verdure,qualche fogliolina di timo e salate.
Coprite con un coperchio e fate cuocere per 8/10 minuti.
A questo punto unite il brodo e riportate a bollore.
Abbassate la fiamma e lasciate cuocere coperto fino a che le patate e la zucca diventeranno tenere.
Calcolate 15 minuti e poi provate con i rebbi di una forchetta ad infilzare un pezzetto di patata.
Se è tenera spegnete la fiamma altrimenti procedete per qualche minuto ancora.
Una volta pronto,prendete un frullatore ad immersione e riducete in purea le vostre verdure.
Aggiungete la panna e frullate fino ad amalgamarla perfettamente.
Tagliate il gorgonzola a cubetti e tuffateli nella vellutata.
Decorate con un rametto di timo fresco,irrorate con un filo di olio a crudo e spolverizzate con il pepe.
Servite caldo e buon appetito.
 
 
 

 

 
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TEMPO DI CASTAGNE

21 Ottobre 2014

Troppo caldo per essere fine ottobre.

Tra qualche manciata di giorni saremo nel grigio e triste novembre e ancora il cielo è azzurro e le temperature ben al di sopra la media.
Ancora per poco,le previsioni,dicono che già da domani arriveranno freddo e vento.
Per ora mi godo questa serata che sembra ancora estiva,la finestra aperta e il cielo stellato.
L’aria è tersa e sa di pulito.
L’anno scorso,di questi tempi,avevo già acceso il camino.
La prima accensione della stagione per me ha sempre un qualcosa di speciale.
Mi riporta indietro negli anni,gli anni in cui il camino lo accendeva il nonno.
Prima i legnetti piccoli…la legna vuole aria per bruciare,mi diceva.
Io guardavo la maestria con cui lui posizionava la legna,e quando la fiamma si faceva piano piano più vivida io tremavo per l’emozione. Sentivo la legna scoppiettare e i miei occhi erano ipnotizzati dalla fiamma.
Nelle fredde serate invernali si accendeva il camino prima di cena,la nonna preparava la minestra calda (che io immancabilmente non mangiavo) e il nonno incideva le castagne.
Prendeva un coltellino affilato e tagliava la buccia,faceva lo stesso gesto fino a che non aveva inciso tutti i frutti.
Quando avevamo finito di cenare,si faceva lasciare il bicchiere e la bottiglia di vino rosso.
A quel punto ravvivava il fuoco,prendeva la padella bucherellata che utilizzava da sempre e iniziava a cuocere le castagne.
Quando si cuociono sul fuoco vivo,vanno spadellate spesso per non farle bruciacchiare troppo.
A me piacevano un sacco quelle un pochetto nere,con la crosticina che si spella che è un piacere.
Quando le castagne erano pronte venivano avvolte con un panno a quadretti rosa e bianchi e lì veniva la parte più dura.
Aspettare che si raffreddassero.
Appena si intiepidivano si provavano a spelare.
Con le dita arroventante si faceva saltellare la castagna da una mano all’altra sperando si raffreddasse in fretta.
Le mani grandi di mio nonno erano molto più veloci delle mie piccole manine ed erano anche più resistenti al calore.
Fatto sta che mentre io ero alle prese con la mia prima castagna,a cui ero finalmente riuscita a togliere una pellicina…lui ne aveva già pulite quattro o cinque.
Versava il vino nel bicchiere,poco più di due dita,e con l’aiuto di uno stecchino vi immergeva la castagne.
Le lasciava un pò a mollo,per farle ammorbidire un pò.
Nel frattempo la legna bruciava ancora e il tepore della stanza mi faceva assopire mentre aspettavamo nonna.
Quando aveva finito con i piatti ci raggiungeva,si sedeva vicino al camino e mescolava le carte.
Mangiava un paio di castagne,giochicchiando con le bucce e poi si cominciava. Alle volte si giocava a briscola,altre volte a tre-sette e a scopa.
Io ero in squadra quasi sempre con la nonna,che mi insegnava paziente.
Il nonno era forse più bravo ma la nonna era più fortunata,per cui vinceva spesso e volentieri lei.
Dopo partite su partite,rivincite e cappotti il fuoco si era ormai spento e al suo posto c’era la brace di un color rosso acceso.
Prima di andare a dormire il nonno copriva la brace con la cenere e metteva un coprifuoco davanti al camino.
Non bisogna lasciare incustodito il fuoco,mi diceva,e lui rimaneva alzato più a lungo per assicurarsi che si spegnesse.
Secondo me era una scusa per farsi un altro dito di vino.
E mangiare le ultime castagne rimaste nello straccio.
Mamma mia,come mi manca.
Sentire il suo passo pesante mentre andava in cucina e scivolare nel sonno con un senso di sicurezza che non ho mai più provato in vita mia.
Mi manca il suo sorriso e i suoi abbracci.
Odio che non mi abbia visto diventare grande.
Gli sarei piaciuta,ci scommetto.



































VELLUTATA AI FUNGHI & TARTUFO BIANCO



ingredienti : per 4 persone


600 gr di champignon
400 gr di pleurotus
2 porcini belli pasciuti
500 ml di brodo di verdura
100 ml di panna fresca
1 cipolla bianca
crostini di pane croccante
olio evo
sale 
pepe
prezzemolo
tartufo bianco


Mondate e pulite bene i vostri funghi.
Tagliateli grossolanamente e mettete da parte.
Ora tritate la cipolla e fatela soffriggere in una capiente pentola che avrete unto con olio d’oliva.
Quando la cipolla sarà dorata unite i funghi con una presa di sale. Mescolate e coprite con un coperchio.
Fate cuocere per una decina di minuti o più,fino a che i funghi non avranno rilasciato la loro acqua.
Ora unite il brodo,riportate a bollore e abbassate la fiamma.
Fate cuocere,coperto,per 30 minuti circa.
Quando i funghi saranno morbidi e il brodo sarà meno della metà,togliete dal fuoco e unite la panna a temperatura ambiente.
Con l’aiuto di un frullatore ad immersione passate bene i vostri funghi fino a farne una vellutata.
La consistenza giusta è quando velerà il vostro cucchiaio.
Spolverate con prezzemolo tritato finemente e un giro di olio a crudo. Unite qualche crostino croccante e abbondate con il tartufo bianco tagliato a lamelle.














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QUELLE TORRIDE ESTATI

17 Luglio 2014

Quando ero piccola,con l’arrivo delle calde giornate estive,mia madre soleva portarmi a casa dei nonni.
Il sabato mattina svegliava me e mio fratello molto presto,ci aiutava a preparare i nostri zainetti e tutti e tre insieme salivamo sulla piccola utilitaria rossa.
Mia madre azionava il mangiacassette portatile e poi si metteva alla guida,canticchiando canzonette che parlavano d’amore.
A mio fratello più grande era possibile stare seduto davanti,nel sedile del passeggero,e così io mi accoccolavo sui sedili dietro tutti per me.
Ogni due per tre me ne uscivo con un “Siamo arrivati?”
e ogni due per tre mia madre mi rispondeva che no,non eravamo ancora arrivati.
Scrutavo il paesaggio che passava veloce fuori dal finestrino,campi a non finire.
Tutte le gradazioni del verde che la mia piccola testolina conosceva scorrevano davanti a me.
C’erano il ponte,il vecchio cimitero e la scuola.
L’ospedalino e il bar.
Ma il segnale era la casetta bianca sulla destra.
Quando con la macchina ci passavamo davanti,imboccavamo la curva e sapevo che eravamo arrivati.
Questa volta per davvero.
La nonna mi abbracciava forte e il nonno mi pizzicava le guance.
Io,come entravo in casa,aprivo il primo cassetto della credenza e ogni volta sgranavo gli occhi.
C’erano ogni sorta di dolciumi,soprattutto le gomme alla fragola.
Le mie preferite.
Nonna mi aiutava ad indossare il costumino e poi via di nuovo in macchina.
Direzione lago.
A me piaceva solo per il fatto che poi nonno mi avrebbe comperato il gelato.
Avevo il terrore di fare il bagno nel lago,con il fondo dissestato sotto i miei piedi non mi sentivo sicura.
E poi i ragazzi più grandi dicevano che in mezzo al lago,nel punto più profondo,si trovava un enorme mostro marino.
Mangiava i bambini dicevano.
E’ per questo che andare al lago a me non è mai piaciuto.
Non vedevo l’ora di tornare a casa dei nonni.
Adoravo le calde pre-serate estive in loro compagnia.
Nonno innaffiava l’orto e portava per cena cetrioli e succosi pomodori rossi.
Nonna tagliava il pane fatto in casa e posizionava sul tagliere un’intonsa forma di formaggio stagionato.
Ne posso ancora sentire il profumo.
Le verdure fresche portavano sollievo nella calura estiva.
E una cena frugale si trasformava per me in una cena luculliana.
Fichi e formaggio,una fettina di salame e verdure in insalata.
Ancora oggi adoro cenare in questo modo,senza tanti preamboli.
Una volta finito di cenare,nonna sistemava in cucina e nonno usciva a fumare una sigaretta nel buio più totale.
Dalla finestra potevo scorgere il braciere diventare incandescente ogni volta che aspirava una boccata di fumo.
Diceva che era il momento più bello della giornata.
Stava fuori nella calda sera estiva,il silenzio interrotto solamente dal frinire delle cicale.
Lì,nella solitudine più assoluta,poteva pensare.
Poteva trovare pace e sollievo.
Ricordo che nonna non approvava il fatto che lui fumasse.
Scuoteva sempre la testa quando,dopo cena,nonno apriva il portasigarette.
Oramai ci aveva fatto l’abitudine,anche se lo rimbrottava ogni sera.
Forse anche a quello ci aveva fatto l’abitudine.
Quando aveva finito di riordinare si sedeva alla toeletta,scioglieva lo chignon che imprigionava i lunghi candidi capelli e scuoteva la testa.
Toglieva i semplici orecchini dorati,gli unici che le ho mai visto indossare e con gesti leggeri iniziava a spazzolarsi i capelli. 
Quando erano lisci e morbidi,smetteva.
Io la guardavo ammirata e a volte lei mi permetteva di pettinarla.
Potevo farle una treccia,prima di andare a dormire.
Poi andavamo a sederci fuori,sui gradini di pietra.
Proprio vicino al nonno.
Un gatto miagolava e una lucciola probabilmente ubriaca vagava senza meta.
L’aria profumava di buono e io mi sentivo proprio bene.



GAZPACHO A KM 0


ingredienti :


2 cetrioli (per me quelli del mio orto)
1/2 cipollotto
100 ml di olio evo
2 cucchiai di yogurt magro non dolce 
1 cucchiaino di aceto di mele
sale
pepe




Lavate e mondate i cetrioli.
Lasciate la buccia ad uno dei due e privatene l’altro.
Tagliate i cetrioli grossolanamente e inserite nel bicchiere di un frullatore ad immersione.
Tritate anche il cipollotto e unitelo ai cetrioli.
Aggiungete lo yogurt e amalgamate bene.
Unite l’olio a filo,poi l’aceto.
Azionate ancora il robot per qualche secondo. 
Aggiustate di sale e pepe e raffreddate con un paio di cubetti di ghiaccio.
Riponete al fresco se non servite subito.
E’ un ottimo e veloce rimedio anti calura.