La Carne, Senza categoria

CASTELLI DI SABBIA

4 Agosto 2014

Costumino a righe rosse e bianche,liscissimi capelli biondi e un’anatra come salvagente.
Il secchiello e la paletta,il passino (importantissimo) e le formine.
Già da piccola adoravo il mare.
Mi piaceva sedermi sulla sabbia e inventarmi nuovi giochi.
A quel tempo non facevo tutte quelle gnorgne per un pò di sabbia nel costume,mentre oggi è tutta un’altra storia.
Anzi,mi piaceva anche farmi una sorta di fanghi spalmandomi addosso una mistura fatta di sabbia e acqua di mare.
Era come un trattamento di bellezza.
Poi,finita la spa,passavo a cucinare.
La sabbia diventava farina e con le formine potevo creare un sacco di dolcetti diversi.
Riempivo il secchiello con l’acqua di mare e mi sedevo proprio sulla riva,dove la sabbia è sempre umida per la risacca.
Si sa,la sabbia umida è il massimo per le creazioni di una bambina di 5 anni.
A volte poi immaginavo di essere in un giardino e con l’innaffiatoio azzurro bagnavo piante e fiori rigogliosi,dai mille profumi,che però esistevano soltanto nella mia testa.
Quando faceva veramente caldo potevo salire sul gommone insieme alla mamma,che poi si allontanava per nuotare leggiadra in acqua.
L’ho sempre invidiata,si muoveva sinuosa come una sirena,coordinata ed elegantissima.
Io a quel tempo non sapevo nuotare e la guardavo,al sicuro sul canotto,imitandone i gesti con le mie braccine ossute.
Ricordo l’amore con cui mia madre mi avvolgeva nell’asciugamano asciutto al ritorno dal bagnetto,mi sentivo protetta e amata.
Non credo di averglielo mai detto,ma quello era il mio momento preferito di tutto il pomeriggio.
Mi piaceva un sacco anche la merenda,a volte era un pezzo di focaccia,altre volte pane e marmellata.
Se ero veramente fortunata,una merendina incartata.
Che per la mia testolina da ottantottina era indubbiamente molto più buona.
Erano i tempi in cui credevo che il mare potesse chiudere come un negozio,di quando avevo il coraggio di tuffarmi dagli scogli (una volta però è andata male,mi sono aperta un ginocchio…magari ve lo racconterò prima o poi) e la sabbia era mia amica.
Riapro gli occhi un attimo.
La bambina con il secchiello non sono io e la madre che la guarda amorevolmente non è la mia.
Ora io so nuotare e mia madre non va al mare da anni.
Però c’è stato un tempo in cui sulla battigia eravamo insieme,io facevo i castelli di sabbia e lei mi guardava con amore.





















INSALATA FREDDA DI POLLO MARINATO :

con salsa di senape dolce

ingredienti :

400 gr di petto di pollo tagliato a fettine
250 ml di yogurt magro non dolce
il succo di 1/2 limone
1 carota
1 sedano 
1 peperone rosso
1 peperone giallo
5 fette di edamer
olio evo per cuocere

per la salsa :

4 cucchiai di senape al miele
2 cucchiai di maionese
2 cucchiai di olio evo
qualche goccia di tabasco
sale
pepe


Mettete a marinare la carne con lo yogurt e il limone.
Coprite con pellicola per alimenti e riponete in frigorifero.
Nel frattempo lavate e mondate le verdure.
Tagliate il sedano a rondelle e la carota a julienne,potete aiutarvi con una mandolina.
Tagliate a listarelle i peperoni e anche il formaggio.
Mettete da parte e preparate la salsa.
In una coppetta unite la senape alla maionese,mescolate bene e spruzzate qualche goccia di tabasco.
Unite l’olio a filo e quando sarà ben amalgamato salate e pepate.
Ora anche la vostra salsa sarà pronta.
Ungete con poco olio una bistecchiera e ponete su fuoco medio.
Togliete la carne dal frigorifero e con della carta da cucina tamponate la marinata in eccesso.
Non riutilizzate la marinatura dove è stato il pollo crudo,la sua carne (cruda)ha un’alta carica batterica.
Cuocete le fettine e poi fatele raffreddare.
Tagliatele a listarelle e in una ciotola capiente unite tutti gli ingredienti.
Aggiungete ache la salsa alla senape dolce.
Regolate di sale e pepe e irrorate con un filo d’olio a crudo
Mescolate bene e riponete nuovamente in frigorifero.
Servite fredda.






Conserve e Sott'olio, Gli Appetizer, Senza categoria

UNA VALIGIA DI SOGNI.1

24 Luglio 2014

Ero una bambina bionda e lentigginosa.
La frangetta tagliata troppo corta lasciava scoperta metà della fronte.
Adoravo indossare i sandaletti senza calzini e odiavo le sottane.
Mi piaceva giocare a pallone con mio fratello e i suoi amichetti e saltare la corda.
Avevo una collezione infinita di bambolotti e mia madre a volte mi cuciva dei vestitini su misura per le mie bambole.
Leggevo molti libri e sognavo ad occhi aperti.
Non avevo la televisione,e anche se da piccola odiavo la presa di posizione di mia madre,forse oggi devo ringraziarla.
La sera,ascoltavamo la radio e mia madre cuciva.
A volte mi leggeva un libro di avventure fantastiche.
Quanti libri ho letto quando ero poco più che una bambina.
Ho imparato prestissimo,già a quattro anni iniziavo a scrivere il mio nome e a leggere le prime sillabe.
Ricordo ancora la prima volta che scrissi il mio nome.
Eravamo in casa e io stavo dipingendo con un pennarello il coperchio di una scatola.
Erano giorni che mi esercitavo a scrivere le poche sillabe che compongono il mio nome e cognome ma c’era qualcosa che mi sfuggiva…non riuscivo a mettere bene in fila le lettere.
Ma non quella mattina.
Quella mattina,con in pugno il mio pennarello rosso,scrissi perfettamente il mio nome.
Ero fiera di me e tronfia come un pavone,nonostante la giovane età e così corsi da mia madre a farle vedere quanto ero stata brava.
Dapprima mia madre sorrise,ma poi il suo sguardo si fece sorpreso e per un attimo pensai avrebbe urlato.
Io guardavo i tratti decisi del pennarello e non capivo.
Mia madre era rimasta sorpresa.
Già scrivevo con la sinistra,e non vi dico le volte in cui la mia povera nonna le diceva che era la mano del diavolo e mi doveva far scrivere con la mano destra.
Eh,credenze di altri tempi…
Per fortuna mia madre non l’ha mai ascoltata ma di certo non ha aiutato il fatto che in quella calda mattina di luglio io abbia scritto il mio nome perfettamente al contrario.
In quel modo riuscivo a infilare tutte le lettere una dietro l’altra e per me non c’era niente di strano.
Ma non vi dico mia madre…penso che l’abbia sfiorata per un attimo persino l’idea che fossi posseduta.
Preparò un innumerevole quantitativo di pagine con scritto il mio nome dal verso giusto e mi fece mettere all’opera.
E allora imposi al mio cervellino di scrivere una lettera dopo l’altra,in fila,come voleva mia madre.
Però lasciavo bianca la parte sinistra del quaderno,mi piaceva che la mia mano scorresse senza passare sopra all’inchiostro appena steso.
Tracciavo i segni che componevano le parole con meticolosa attenzione,seria seria.
Prima imparerò a scrivere e prima potrò leggere,pensava la mia testolina.
Ero stufa di sfogliare quei libriccini da bambini con solo le figure e al massimo qualche scritta a carattere cubitali.
Volevo leggere i libri che vedevo girare per casa,scritti fitti fitti e anche quei libriccini rosa che vedevo passarsi furtivamente tra mia nonna e mia zia.
Ho scoperto poi che erano Harmony…il massimo della cultura.
Comunque desideravo più di ogni cosa riuscire a leggere anche quelle parole difficili,con un sacco di lettere una dopo l’altra.
E così ho passato quell’estate a scrivere il mio nome,lettera dopo lettera e pagina dopo pagina.
Finchè non ho imparato a scrivere nel verso giusto.
Però avevo un segreto.
Tenevo un altro quaderno e quando mia madre non vedeva o pensava disegnassi,io scrivevo all’impazzata.
All’incontrario.
La mano correva fluida sulla pagina e io faticavo la metà di quando mi imponevo di scrivere nel verso giusto.
Se ci ripenso,mi viene in mente un certo caratterino ribelle che faceva capolino già all’epoca.
All’epoca in cui ero solo una bimbetta piena di sogni.
Quando le fragole avevano un altro sapore e mi bastava una scatola vecchia per essere felice.
All’epoca in cui ero solo un bozzolo che sognava di diventare farfalla.





















APERI-FETA : feta e olive sott’olio


ingredienti :

200 gr di feta greca
100 gr di olive nere
100 ml di olio di oliva
rosmarino fresco
origano fresco
timo fresco
1 punta di peperoncino frantumato
pepe in grani



Asciugate perfettamente la feta con della carta da cucina,tamponatela più volte fino a quando la carta rimarrà asciutta.
Eseguite lo stesso procedimento per le olive.
Lavate le erbe aromatiche e asciugatele bene.
Iniziate a tagliare la feta in cubetti di uguale misura e mettete da parte.
Ora prendete il vostro vasetto,che avrete precedentemente sterilizzato,e riempitelo a strati.
Alternate qualche cubetto di feta a qualche oliva e una parte di erbe aromatiche.
Spolverate con poco peperoncino e unite un paio di grani di pepe.
Cercate di lasciare pochissimo spazio vuoto e premete leggermente gli ingredienti per farli aderire bene al fondo.
Continuate fino a colmare completamente il vostro vasetto.
Ora aggiungete l’olio poco per volta,aspettate che riempia bene i vuoti d’aria e assicuratevi che copra perfettamente gli ingredienti.
Riponete in luogo fresco e asciutto e se ce la fate,aspettate almeno due settimane prima di assaggiare.

































































Senza categoria, Zuppe

QUELLE TORRIDE ESTATI

17 Luglio 2014

Quando ero piccola,con l’arrivo delle calde giornate estive,mia madre soleva portarmi a casa dei nonni.
Il sabato mattina svegliava me e mio fratello molto presto,ci aiutava a preparare i nostri zainetti e tutti e tre insieme salivamo sulla piccola utilitaria rossa.
Mia madre azionava il mangiacassette portatile e poi si metteva alla guida,canticchiando canzonette che parlavano d’amore.
A mio fratello più grande era possibile stare seduto davanti,nel sedile del passeggero,e così io mi accoccolavo sui sedili dietro tutti per me.
Ogni due per tre me ne uscivo con un “Siamo arrivati?”
e ogni due per tre mia madre mi rispondeva che no,non eravamo ancora arrivati.
Scrutavo il paesaggio che passava veloce fuori dal finestrino,campi a non finire.
Tutte le gradazioni del verde che la mia piccola testolina conosceva scorrevano davanti a me.
C’erano il ponte,il vecchio cimitero e la scuola.
L’ospedalino e il bar.
Ma il segnale era la casetta bianca sulla destra.
Quando con la macchina ci passavamo davanti,imboccavamo la curva e sapevo che eravamo arrivati.
Questa volta per davvero.
La nonna mi abbracciava forte e il nonno mi pizzicava le guance.
Io,come entravo in casa,aprivo il primo cassetto della credenza e ogni volta sgranavo gli occhi.
C’erano ogni sorta di dolciumi,soprattutto le gomme alla fragola.
Le mie preferite.
Nonna mi aiutava ad indossare il costumino e poi via di nuovo in macchina.
Direzione lago.
A me piaceva solo per il fatto che poi nonno mi avrebbe comperato il gelato.
Avevo il terrore di fare il bagno nel lago,con il fondo dissestato sotto i miei piedi non mi sentivo sicura.
E poi i ragazzi più grandi dicevano che in mezzo al lago,nel punto più profondo,si trovava un enorme mostro marino.
Mangiava i bambini dicevano.
E’ per questo che andare al lago a me non è mai piaciuto.
Non vedevo l’ora di tornare a casa dei nonni.
Adoravo le calde pre-serate estive in loro compagnia.
Nonno innaffiava l’orto e portava per cena cetrioli e succosi pomodori rossi.
Nonna tagliava il pane fatto in casa e posizionava sul tagliere un’intonsa forma di formaggio stagionato.
Ne posso ancora sentire il profumo.
Le verdure fresche portavano sollievo nella calura estiva.
E una cena frugale si trasformava per me in una cena luculliana.
Fichi e formaggio,una fettina di salame e verdure in insalata.
Ancora oggi adoro cenare in questo modo,senza tanti preamboli.
Una volta finito di cenare,nonna sistemava in cucina e nonno usciva a fumare una sigaretta nel buio più totale.
Dalla finestra potevo scorgere il braciere diventare incandescente ogni volta che aspirava una boccata di fumo.
Diceva che era il momento più bello della giornata.
Stava fuori nella calda sera estiva,il silenzio interrotto solamente dal frinire delle cicale.
Lì,nella solitudine più assoluta,poteva pensare.
Poteva trovare pace e sollievo.
Ricordo che nonna non approvava il fatto che lui fumasse.
Scuoteva sempre la testa quando,dopo cena,nonno apriva il portasigarette.
Oramai ci aveva fatto l’abitudine,anche se lo rimbrottava ogni sera.
Forse anche a quello ci aveva fatto l’abitudine.
Quando aveva finito di riordinare si sedeva alla toeletta,scioglieva lo chignon che imprigionava i lunghi candidi capelli e scuoteva la testa.
Toglieva i semplici orecchini dorati,gli unici che le ho mai visto indossare e con gesti leggeri iniziava a spazzolarsi i capelli. 
Quando erano lisci e morbidi,smetteva.
Io la guardavo ammirata e a volte lei mi permetteva di pettinarla.
Potevo farle una treccia,prima di andare a dormire.
Poi andavamo a sederci fuori,sui gradini di pietra.
Proprio vicino al nonno.
Un gatto miagolava e una lucciola probabilmente ubriaca vagava senza meta.
L’aria profumava di buono e io mi sentivo proprio bene.



GAZPACHO A KM 0


ingredienti :


2 cetrioli (per me quelli del mio orto)
1/2 cipollotto
100 ml di olio evo
2 cucchiai di yogurt magro non dolce 
1 cucchiaino di aceto di mele
sale
pepe




Lavate e mondate i cetrioli.
Lasciate la buccia ad uno dei due e privatene l’altro.
Tagliate i cetrioli grossolanamente e inserite nel bicchiere di un frullatore ad immersione.
Tritate anche il cipollotto e unitelo ai cetrioli.
Aggiungete lo yogurt e amalgamate bene.
Unite l’olio a filo,poi l’aceto.
Azionate ancora il robot per qualche secondo. 
Aggiustate di sale e pepe e raffreddate con un paio di cubetti di ghiaccio.
Riponete al fresco se non servite subito.
E’ un ottimo e veloce rimedio anti calura.










Gli Appetizer, Il Pane e Affini, Senza categoria

SE STASERA SONO QUI.

10 Luglio 2014

Sapete da chi ho ereditato i miei occhi azzurri?
Da mia madre.
Sono gli stessi,sanno ridere,parlare o adombrarsi.
Ricordo una ex collega di lavoro che una volta mi disse :
“Sai che quando sei arrabbiata ti si vede dagli occhi?”
Quella volta rimasi sorpresa,non pensavo di essere così trasparente.
Soprattutto non pensavo di assomigliare così tanto a mia madre.
Mi hanno sempre detto che sono la copia di mio babbo.
Io me ne sono sempre vantata tanto,perché nei miei ricordi mio padre non c’è.
E sapere di assomigliargli mi ha sempre fatto credere di conoscerlo almeno un pò.
Quando lui è morto io avevo appena un anno.
Non ho ricordi di lui,se non i racconti fatti da chi lo conosceva bene.
Ad esempio so per certo di dover ringraziare lui e i suoi geni per la mia magrezza.
Mia madre dice che anche la piadina la stendo proprio come lui.
E poi la stessa passione per lo moto e per lo sport.
La stessa capacità a disegnare.
Anche le mani affusolate le ho ereditate da lui…
Quando ero poco più di una bimba,adoravo trafficare nel portagioie di mia madre.
Era a forma di scrigno,di una pietra con riflessi violetti.
Piedini dorati tenevano il peso dei tesori sepolti tra il velluto rosso che ne foderava l’interno.
Non che mia madre avesse chissà quali tesori.
Per lo più erano piccole gioie ereditate da nonne o parenti.
Ma un tesoro c’era.
Un piccolo porta-fedi in argento racchiudeva all’interno l’anello matrimoniale di mio padre.
Io lo guardavo trasognata e mi immaginavo un padre tutto mio.
Leggevo la data incisa all’interno e mi facevo mille domande.
Ad alcune di queste non ho trovato risposta ancora oggi.
Eppure sono qui.
Mi guardo allo specchio cercando qualche nuova ruga arrivata nella notte a ricordarmi che,nonostante tutto,sto invecchiando pure io.
Qualche capello bianco in più,sapientemente mascherato dai lunghi  capelli biondi.
Ecco,questa cosa dei capelli bianchi precoci l’ho ereditata dalla nonna materna,come anche la mania ossessiva dell’ordine.
Nei mei geni c’è anche l’altezza,tanta creatività e manualità,l’amore sconsiderato per le scarpe costose e una testardaggine unica.
Potrei andare avanti ancora,raccontarvi che “rischiavo” di avere un nasone da Guinness dei Primati se per caso lo ereditavo da nonno o che “magari” avrei anche potuto ereditare da mia madre qualche taglia di seno in più.
Eppure sono stata molto fortunata.
Ci avete mai pensato alle mille circostanze favorevoli che hanno permesso che noi fossimo qui oggi?
Bastava un appuntamento mancato,uno sguardo non capito…
Sarà stato il destino?
Oppure in quel preciso istante le tessere del puzzle si sono incastrate tutte perfettamente,per una casualità?
Io non lo so.
Questa è una di quelle domande che,ancora oggi,non hanno una risposta per me.
Nonostante sia più vecchia e mi piaccia considerarmi anche più saggia,ancora non so il perché oggi sono qui.
Sinceramente non mi interessa saperlo.
Gli occhi dei miei genitori nelle poche foto che li ritraggono con me parlano da soli.
Io sono qui perché sono frutto dell’amore.



I CASSONI FRITTI 

 I cassoni fritti sono tipici dell’entroterra Romagnolo,solitamente preparati con verdure e formaggio.
La mia cara nonna li cucinava solo in occasioni speciali,friggendoli nello strutto.
Ricordo ancora il loro sapore…
Preparatevi ad assaggiare qualcosa di unico.
Io questa sera non ho resistito e mi sono concessa questa bontà.
Friggendoli in olio però…più leggeri come i miei sensi di colpa dopo averli mangiati!



ingredienti : per 4 cassoncini


250 gr di impasto per piadina
3 salsicce aromatizzate al tartufo
150 gr di gorgonzola
olio per frittura

Per la ricetta della piadina potete dare uno sguardo qui avendo l’accortezza di dimezzare le dosi.
Potete anche preparare l’impasto,usare quello che vi serve e il resto congelarlo,magari già suddiviso in pagnottine.
Quando il vostro impasto sarà pronto,suddividetelo in quattro parti uguali.
Su una spianatoia infarinata iniziate ad assottigliare la vostra piadina,non troppo però.
Cercate di darle una forma rotonda,se sbordate un pò,potete rifilare i bordi con un coltello.
Per i cassoni fritti è molto importante che i bordi combacino perfettamente,così da non far fuoriuscire il ripieno.
Ora sgranate la salsiccia,mettendone qualche pezzettino nella parte inferiore della vostra piada lasciando circa 1 cm libero dal bordo esterno.
Aggiungete il gorgonzola che avrete tritato grossolanamente.
Formate una mezzaluna coprendo con la parte superiore,quella libera,la parte con il ripieno.
Fate fuoriuscire l’aria in eccesso,in questo modo eviterete che si aprano in cottura.
Con i rebbi di una forchetta premete con forza lungo tutto il bordo,così da sigillare per bene.
Io faccio un secondo passaggio con la forchetta,questa volta inumidita con dell’acqua.
A questo punto sono pronti per essere cotti.
Fate scaldare abbondante olio in una casseruola e quando sarà ben caldo tuffateci i vostri cassoncini.
Ci mettono veramente pochi minuti,5 o 6 al massimo,il tempo di gonfiarsi e dorare in superficie.
Fate asciugare su carta assorbente e servite caldi.
Attenzione,possono creare dipendenza!





PRIMI PIATTI, Senza categoria

PURAZì DONì…

26 Giugno 2014

C’era un’anziana signora,che poi tanto anziana non era.

Si alzava al mattino presto,quando fuori era ancora tutto buio e solo qualche lucina rischiarava la notte.
Indossava lo scialle di lana nero per ripararsi dal freddo,si annodava frettolosamente un fazzoletto anch’esso nero attorno alla testa e partiva con il suo carrettino alla volta del porto.
Mentre percorreva la strada che dal borgo dove abitava, costeggiava la sinistra del porto,saggiava l’aria con un dito,quasi potesse riconoscerne il sapore.
L’atmosfera sapeva di fresco nelle prime luci del mattino e il mare calmo stava riportando a casa i suoi marinai con il pescato del giorno.
Un tempo andava sul porto incontro al marito,di ritorno dal duro lavoro.
Un tempo.
Tanto tempo fa.
Distolse il pensiero e affrettò il passo per colmare gli ultimi metri che la separavano dalle prime barche,colme di pesce fresco e vongole,cozze e lumachine,cannelli e capesante.
Adesso l’aria sapeva di pesce e mare.
Proprio quello che le ci voleva.
Si fece riempire bene i sacchi di juta che utilizzava per contenere le vongole da una bel marinaio con la barba e qualche tatuaggio…
“Zovni…(giovani)…pensò.
Ma non importava.
Alla fine le vongole le aveva ottenute.
Con il carretto ben più pesante dell’andata,rifece la strada a ritroso. Si inoltrò tra le viuzze del borgo e dato che le finestre di parecchie case erano già spalancate iniziò a pubblicizzare la merce.
“Purazi doni…vongole…”
“Venite donne,sono fresche,appena pescate…”
Si toccava nervosamente il nodo del fazzoletto,cercando di non far capire quanto fosse importante per lei quella vendita.
Le signore che stavano guardando e soppesando la sua merce,le sue vongole,non lo sapevano.
Ma lei si.
A casa era rimasto solo un pezzo di pane duro e forse un uovo.
Doveva assolutamente vendere tutto altrimenti non avrebbe potuto pagare i conti.
Odiava chiedere le vongole a credito ma quel giorno il pescatore aveva avuto pietà e le aveva riempito i sacchi fino all’orlo senza volere un soldo.
Ora lei voleva ripagarlo e così incitò nuovamente le donne :
“Purazi…purazi doni!”
Sa bene quanto lavoro ci sia dietro all’essere pescatore,anche il suo povero marito lo era…

Oggi come ieri,dietro quelle vongole invitanti che ci guardano dai banchi della pescheria,c’è tantissimo lavoro.
Fatto di poco sonno e un jet leg costante dovuto agli orari impossibili.
Un lavoro di fatica,come ne sono rimasti pochi,ricompensato però da splendide albe e da un ufficio a dir poco magnifico.
Un lavoro duro,come le persone che lo svolgono.
Persone che amano il mare e allo stesso tempo lo temono e ne hanno rispetto.
Spesso e volentieri dietro a qualche chilogrammo di vongole c’è un bel pò di lavoro,svolto per lo più al freddo e a orari indecenti.
Pioggia e neve non li fermano,a volte ci prova qualche burrasca e allora noi donne a casa preghiamo.
Tra queste persone c’è mio marito,lui si che è veramente speciale.
Anche le vongole che mi ha portato a casa oggi lo sono, e io ho deciso di preparare un piatto simbolo di tutti i vongolari proprio per omaggiarli.
Con qualche licenza poetica però..e con una pasta d’eccezione.
La pasta del Pastificio del Cavalier Cocco.


Ps. Sapete cos’ha di tanto speciale la pasta del Cavalier Cocco? 
E’ trafilata in bronzo,raffreddata a temperatura ambiente su telai di legno di faggio e particolarmente ruvida per abbracciare al meglio qualsiasi tipo di sugo.
Ah,quasi dimenticavo…si chiama pure come mio marito!



















VONGOLARI DOES IT BETTER :

spaghetto alle vongole…su pesto di rucola


ingredienti :

1 chilogrammo di vongole
500 gr di spaghetti del Pastificio Cavalier Cocco
2 spicchi di aglio 
zest e succo di 1/2 lime 
1/2 bicchiere di vino bianco
1 pizzico di peperoncino frantumato
prezzemolo a piacere


per il pesto :
80 gr di rucola 

2 fettine di zenzero
2 spicchi di aglio
50 gr di pinoli
30 gr di Parmigiano Reggiano
30 gr di ricotta salata
150 ml di olio evo
sale 


Iniziate preparando il pesto.
Lavate e mondate la rucola,spezzettatela con le mani e unitela ai pinoli,l’aglio e lo zenzero.
Con l’aiuto di un robot ad immersione (o con il mortaio,come preferite) riducete in purea gli ingredienti.
Salate e unite l’olio a filo.
Quando sarà stato ben assorbito aggiungete i formaggi mescolando con un cucchiaio.
Ora il vostro pesto è pronto.
Per la preparazione delle vongole ricordatevi di metterle in ammollo con dell’acqua di mare,possibilmente.
Tenetele a bagno più a lungo che potete.
Se non avete acqua marina regolatevi con circa 1/2 cucchiaino per un paio di litri.
Questa procedura consentirà alla sabbia di spurgare dalle conchiglie delle vongole.
Ora risciacquatele e privatele del mollusco che a volte cresce all’esterno della conchiglia.
Posizionate una capiente padella con un filo d’olio sul fuoco,
tritate l’aglio e fate soffriggere dolcemente.
Unite le vongole,spolverate con la scorza del lime e il peperoncino e coprite con un coperchio.
Fate cuocere a fuoco medio. 
Quando inizieranno ad aprirsi sfumate con il vino bianco e aggiungete il succo del lime,fate andare ancora qualche minuto finché le conchiglie non saranno tutte aperte.
Unite il prezzemolo tritato e togliete dal fuoco.
(Non salate le vongole,in quanto sono già salate di loro.)
A questo punto trasferite i molluschi in una ciotola.
Spesso io le sguscio e ne lascio solo alcune con la coccia decorative. Ma oggi le ho lasciate integre.
Prendete una seconda ciotola e fate scivolare l’acqua di cottura delle vongole trattenendo il fondo nella padella.
Ora risciacquate la padella sotto l’acqua corrente e rimettete qualche cucchiaio di brodo di cottura al suo interno.
In questo modo avete filtrato ogni granello di sabbia residuo.
Rimettete nella padella anche i molluschi.
Controllate la pasta che a questo punto dovrà essere al dente (avete messo su l’acqua,l’avete salata e poi avete buttato la pasta,vero?) e scolatela.
Fatela saltare leggermente insieme alle vongole e la loro acqua di cottura.
Ora sporcate il fondo del piatto con il pesto di rucola e adagiatevi sopra i vostri spaghetti con le vongole.





“Con questa ricetta,partecipo al contest: La Cucina Italiana nel Mondo verso l’Expo 2015,organizzato da Le Bloggalline,in collaborazione con INformaCIBO“.





Un ringraziamento speciale a Irvea,istituto per la ricerca e la valorizzazione agroalimentare e un grazie sincero anche a INformaCIBO.